Seconda ed ultima puntata dedicata ai Karate, trio chitarra-basso-batteria (ma sono stati brevemente, ad inizio carriera, anche un quartetto con due chitarre) originario dell’area della città di Boston, Massacchusetts formatosi nel 1993 e discioltosi nel 2005; 12 anni in cui hanno prodotto 6 album in studio e svariati EP; ma soprattuto 12 anni in cui hanno suonato dal vivo circa 700 volte in 20 diversi paesi.
Realtà indefinibile per quanto riguardo lo stile/genere di musica prodotta, sono stati definiti slowcore, emocore, post-rock, post-hardcore, indie rock, jazz; e, per quanto mi riguarda, quando una formazione musicale riceve così tante e svariate etichettature è sicuramente qualcosa di interessante.
Mi piace definire questo trio come i ‘mancati Police’: ciò che potrebbero essere stati i Police se dopo i primi due album non avessero intrapreso le derive pop degli album successivi. Anche perché la voce di Geoff Farina (che di fatto assomiglia sorprendentemente a quella di Robert Smith dei Cure), mi ricorda molto il cantare di Sting.
Ma in loro ci sento tanta roba che mi piace: i contemporenei norvegesi Motorpsycho o gli americani Phish, il jazz chitarristico di Wes Montgomery o Joe Pass, la psichedelia dei Grateful Dead e via discorrendo.
Ascolteremo i brani di apertura (ma non solo) dei loro primi cinque album di studio.
Karate – Small Fires, 2000
Karate – Sever, 2000
Karate – Original Spies, 2002
Karate – Airport, 2002
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